Bollettino Parrocchiale - maggio-giugno 1946
"Durante il Secondo conflitto mondiale, inizia a tenere un diario in cui scrive, tra l'altro, il racconto dell'eccidio del 30 dicembre 1943, riportando con dolore i nomi dei 13 civili uccisi per rappresaglia.
È tra i protagonisti della trattativa con i tedeschi per ottenere, in cambio della restituzione di tre ufficiali tenuti in ostaggio dalla Resistenza, la salma di "Fanfulla", partigiano 17enne.
E quando un contadino sta per essere fucilato dopo un rastrellamento, si offre per morire al posto suo: l'ufficiale, colpito dal coraggio di don Bianco, lascia vivere entrambi."
Novembre 1943.
Dò asilo nel locale del Beneficio Belmondo, vacante, ad una distinta famiglia ebrea, perseguitata dalle barbare leggi nazi-fasciste.
Risico così il carcere o un campo di concentramento. Ma Charitas Christi urget nos.
30 dicembre 1943.
Improvvisa giunge un'orda di tedeschi e repubblichini, briàchi di odio e di alcool, bevuto a Bagnolo, dove hanno incendiato e svaligiata la cantina dell'Albergo Gosso. Come belve si avventano contro il primo giovane che incontrano, Manavella Michele, chiedono carte, non le ha adosso, chiede di andarle a prendere, e mentre s'incammina senza aspettarselo, viene massacrato sulla porta di casa.
Esce al rumore il figlio, del proprietario, Maurino Chiaffredo.
Viene caricato su un carro armato e trascinato via.
A pochi passi si incendia la casa di Maurino Giacomo, lo si carica sul carro armato assieme a Maurino Giuseppe e Chiappero Battista, che tranquillo lavorava nella sua bottega.
Più avanti si brucia la casa e si uccide Passetta Angusto.
Presso la Cappella di. S. Rocco si trova un giovane di 17 anni, Piccalo Battista, che per il suo sviluppo fisico ne dimostra di più. Non ostante abbia le carte in regola, viene anche lui caricato sul carro armato, e a pochi passi tutti cinque vengono mitragliati, e cadono in un lago, di sangue.
Poi la belve si sparpagliano per il paese e, sitibonde di sangue uccidono Ribotta Michele, Maurino Chiaffredo di Battista, Boaglio Giacomo, i due, fratelli Besso Pietro e Chiaffredo, Picco Matteo di Michele, al quale, unico, possiamo ancora amministrare i Sacramenti; tutti senza alcun obbligo di leva, massacrati, per pura malvagità.
La vista del cadavere di questi miei figli spirituali, cosi barbaramente trucidati mi fa male.
Non posso esprimere la pena che ne provo.
Gli assassini sono anche ladri, e penetrati nelle case, si fanno consegnare portafogli dagli uomini, strappano l'oro alle donne, e portano via quanto possono, orologi, bestiame, .lingeria, fisarmoniche; case danneggiate o bruciate numero venti.
31 dicembre 1943.
I cadaveri dei poveri cari morti restano allo scoperto tutta la notte.
Nessuno osa ritirarli in casa. Si creda debba intervenire la giustizia, come si dice, cioè il sopraluogo del Pretore, medico, ecc… Mi reco dal maresciallo dei carabinieri, perché tranquillizzi i parenti a ritirare ognuno i propri morti.
2 gennaio 1944
Le casse mortuarie dei 13 caduti sono ritirate nella Cappella di San Rocco.
Si fa un funerale unico per tutti. Prende parte tutta la popolazione, e molti di altre parrocchie.
Gira un apparecchio «Cicogna». I giovani, con ragione se la svignano, si temono pericoli.
Le casse mortuarie vengono allora portate dai parenti, forestieri e dalle robuste nostre giovani.
È un corteo ben triste, mai visto, e spero non rivedere mai più. Nel pomeriggio viene il nostro Vescovo amatissimo a portarmi la sua parola di conforto.
21 marzo 1944
Giungono i tedeschi, e si portano subito in alto per rastrellamento dei partigiani.
Succede subito un combattimento coi medesimi. Sento il crepitio delle mitra e dei fucili. Tra i tedeschi vien bruciato un camion. Numero imprecisato, ma grave di morti e feriti, trasportati continuamente dalle auto ambulanze.
Col Vice Curato si portiamo a prestare il nostro ministero di sacerdote ai feriti.
Mi reco dalla parte dei partigiani, il Vice Curato tra i tedeschi. Tra i partigiani, ben riparati dietro le rocce, non ci sono né morti né feriti.
Tra i tedeschi, curati alcuni feriti, deceduti nella notte e trasportati via cogli altri.
Combinazione volle che nella notte precedente i partigiani prelevassero vari camion di farina a Villafranca, rilasciandoli poi in diversi luoghi.
Fu trovata dai tedeschi, indi irae.
Chiamati rinforzi a Pinerolo: in men che non si dice mi vedo circondata la canonica da varie pattuglie, con camion e mitra.
Non posso far un passo sul terrazzo che si spara. Sono prigioniero in casa mia. Finalmente cala la notte e si disperdono, chiedendo ospitalità colla forza.
Fanno scendere donne e bambini da letto per mettersi loro. Prima assassini e ladri, ora indelicati e villani.
22 marzo 1944.
All'alba i manigoldi ricominciano la loro rappresaglia. Bruciano case e meire, circa 60, presso il luogo del combattimento di ieri.
Continua il trasporto dei loro morti. Dovendo fare la Sepoltura della giovine Solera Anna, concedono un po' di tregua.
Al Cimitero, ancora vestito degli abiti da morto, sono invitato a recarmi al comando tedesco presso le «Ribotte».
Mi porto col Vice Curato ove richiesto. I maligni che non mancano, anche nelle ore più tragiche, come queste, dicono che noi andiamo a spasso. Altro che a spasso
II Prevosto si reca per salvare una famiglia dalla morte e dall'incendio della casa, essendosi lì trovati 60 quintali di farina dei partigiani, lasciati la notte precedente.
Spiego l'affare della farina. Che, fu ivi depositata colle armi in pugno, la famiglia non ha potuto resistere alla imposizione dei partigiani. Tira molla l'ufficiale tedesco ritira l'ordine di fucilazione e di incendio e si contenta di far gettare una bomba a mano nel forno, perché non serva più a fare il pane pei partigiani, come essi credono. È un grave danno per la famiglia, ma non è la morte né l'incendio.
Giunto a casa ecco che una squadra di questi manigoldi, con un ufficiale, pare siano molto indipendenti gli uni dagli altri, mi perquisiscono la casa, come se fosse occupata da ribelli. Faccio su¬bito vedere la farina della tessera lasciata a tutti dal Comune; confrontino pure con quella dei camion, ma stanno alla mia parola, e mi lasciano in pace dopo aver frugato in ogni angolo, finanche la piccola scatola delle ostie. Anche ridicoli!
Aggiustato l'affare della farina prelevano alcuni uomini per caricarla sui loro camions, e portarla a Luserna S. Giovanni ove è la sede del Comando. Insisto perché siano rilasciati detti uomini mi si promette che fra un'ora sarebbero a Villar. E debbo confessare che furono di parola.
1° Aprile 1944.
Altro rastrellamento dei tedeschi qualche casa bruciata, solite ruberie. Nel pomeriggio un partigiano «Dardo Michele» al secolo Aiassa Domenico, di anni 18 da Chieri, si avventa .per gettare una bomba a mano sui carri tedeschi, è preso ed ucciso. I tedeschi si fermano a Villar, e chiedono ospitalità colla solita violenza, davanti alla quale devo cedere anch'io, a ospitare due ufficiali armati fino ai denti.
2 Aprile 1944.
Girano pel paese, ma non succede nulla di -grave, salvo le solite ruberie. Chiedo il beneplacito per la sepoltura del partigiano, viene concesso. Partiti i tedeschi si snoda un lungo corteo per le estreme onoranze al suddetto partigiano.
18 Maggio 1944.
Causa prelievo di tre ufficiali tedeschi a Moretta dai partigiani di questa zona, vennero i tedeschi e presero una trentina di ostaggi, come in tutti i paesi dei dintorni. Qui siamo risparmiati e possiamo celebrare tutte le funzioni della solennità essendo il giorno dell'Ascensione. Nel pomeriggio vengono pure i repubblichini. Mi fa pena vedere tra questi un ragazzo di 15-16 anni che tiene una mano sul mitra, pronto a sparare, ed un romanzo nell'altra. Incomincia bene.
Per evitare la morte a tanti ostaggi, ai quali in alcuni luoghi era già stata latta la sentenza di morte, i partigiani di qui restituiscono i tre ufficiali tedeschi, mettendo per condizione, tra le altre che si provvedesse al trasporto del cadavere, da Pian Cascine al Cimitero del partigiano «Fanfulla» (Valerio Michele, di 17 anni da S. Maurizio Canavese) uccisosi per un banale scherzo tra compagni. Il podestà di Luserna San Giovanni a cui sono consegnati i tre ufficiali, passa ad avvertirmi di provvedere al riguardo, ed egli va a far liberare tutti gli ostaggi dal Comando tedesco.
Non trovando più uomini disponibili per tale trasporto, con l'Ill.ma Sig. Baronessa, che dispone cavallo e vettura, ci portiamo a Pian Cascine e preleviamo il cadavere del partigiano. Nel ritorno, non essendovi più né tedeschi, né repubblichini si forma un numeroso corteo e si recitano le ultime preci pel morto.
4 Luglio 1944.
Altro rastrellamento, con spari di cannone ai monti, presi alcuni ostaggi, poi rilasciati. Solite ruberie; I venuto il famigerato Novena, schiodati solai per prendere quanto ivi nascosto. Nel ritorno bruciata la casa di Piccato a Bagnolo.
14 Luglio 1944.
Altro, rastrellamento con nessun esito. Senonchè quando già erano partiti i tedeschi, alcuni partigiani gettano una bomba a mano, sull'ultimo camions, di qui l'ira di Dio. Ritornano i tedeschi indietro, e mettono a ferro e fuoco -ottantatre case, alcune completamente bruciate, altre gravemente bruciate. Fortuna che cala la notte e se ne vanno, del resto il Villar non esisterebbe più, vista la furia di quei demoni.
Metto la canonica a disposizione dei senza casa. Preferiscono ripararsi presso i parenti è naturale. Raccolgo subito da anime buone i primi soccorsi in denaro, indumenti, cibarie ecc., essendo molti rimasti con quanto avevano a dosso. Più tardi si forma a Bagnolo un Comitato pro Sinistrati. Fu in questa circostanza che le tre Parrocchie di Bagnolo scrissero una grande pagina di carità e di solidarietà. Gli uomini potranno dimenticarla, ma Dio no.
Le buone insegnanti delle tre Parrocchie si prestano al pietoso ufficio di raccogliere indumenti e offerte. Anche la Cassa di Risparmio di Torino a cui mi ero rivolto, invia la sua offerta. Generosa quella del nostro amatissimo Vescovo appena da me informato delle nostre disgrazie.
Il tutto distribuisco ai più bisognosi con scrupolosa giustizia in Domino. Ringrazio personalmente gli offerenti, almeno i maggiori, e incarico i colleghi Parroci di ringraziare tutti in pubblico.
19-20-21 Settembre 1944.
II 19 Settembre giungono di nuovo i tedeschi davanti alla canonica uccidono quattro civili di Bricherasio, colà prelevati e qui trasportati per riparare il ponte di Bosco Vittone. Dispongo che un ferito grave sia portato in canonica essendo presso a morire. L'ufficiale tedesco lascia fare i primi gradini, poi cambia idea, lo fa trasportare sul camion coi morti e via per Bricherasio. Il ferito muore per via. I tedeschi si mettono in testa il chiodo fisso che si sia sparato dalla canonica, mentre ho visto coi miei occhi che dal carro armato posteriore si è sparato dagli stessi tedeschi sul carro anteriore. Ma tant'è sono fissi nella loro idea falsa e perquisiscono tutta la canonica, ma nulla trovano di compromettente.
Si portano nell'orto, ove, avendo piovuto poco prima, vi devono essere impronte di chi avrebbe sparato, ma anche qui non trovano orma di uomo che sia passato e se ne vanno.
Bruciate le Scuole Comunali e altre sei caso e meire, asportato bestiame. Nel pomeriggio una altra squadra ripassa in canonica, sempre col chiodo fisso, che di qui si sia sparato. Vogliono fare caput a me e famigliari. Protesto e chiedo del comando, mentre mi vi reco, il manigoldo mi prende la radio, e fugge sul suo camion.
Al comando mi dicono a me nulla fare, solo spaccare tre case dei più benestanti del paese. Replico che qui non vi sono benestanti, ma tutta povera gente, e cosi fanno saltare le scuole ed una casa già in parte bruciata il 14 -Luglio. Salvo cosi le case dei principali proprietari. Verso sera bruciano ancora il locale adibito a rivendita di sale e tabacchi.
Il 20 e 21 Settembre ritornano tedeschi. e repubblicani. Uccidono un civile per nome Ferrero Bartolomeo, bruciano alcune case, solite ruberie.
12 Dicembre 1944.
Altra rappresaglia tedesco-repubblicana. Uccidono un civile di anni 90 per nome Fenoglio Antonio. Sorprendono e uccidano i seguenti partigiani: che occupavano la casa del precedente: Savoldi Angelo, di anni 25, da Brescia; Graziadei Francesco, di anni 28, da Lanrenzana (Potenza); Bianco Giuseppe, di anni 18, da Torino; Salvemini Ignazio, di anni 21, da Torino; Druetta Luciano, di anni 21, da Torino. Bruciata la casa del suddetto Fenoglio e quattro altre case. Solite ruberie.
17 Dicembre 1944.
I tedeschi salgono da Gabiola (Barge) dove bruciano alcune case; si portano al Villar incontrano il partigiano «Pantera» Amparore Giovanni di anni 20 da Pinerolo, lo uccidono.
In regione Pravallino viene pure ucciso Re Ignazio, di anni 20 da Baudenasca di Pinerolo.
16-17 Dicembre 1944.
Nella notte vengono aeroplani inglesi e americani a portare armi di ogni specie e viveri.
18 Dicembre 1944.
Vengono i tedeschi mi chiedono di certo Carlo Varesco, forse loro spia. Dichiaro che non noso nulla. (Sapevo benissimo che era stato fucilato dai partigiani di Val Pellice).
Taccio per non esporre quella valle ad una rappresaglia. Mi danno tempo due giorni a consegnarlo, del resto metteranno a ferro e fuoco il paese. Ribatto che ormai c'è più poco da bruciare, avendolo già fatto in precedenza. Cerco di ammansare queste bestie feroci facendo osservare che le popolazioni sono innocenti, mi si risponde:
Voi essere protettori dei ribelli, finché qui essersi ribelli noi venire sempre, fare ferro e fuoco. Davanti a tanta irragionevole cocciutaggine c'è poco da fare. In quanto a consegnare il loro Varesco è impossibile. Sulla mia parola di Sacerdote assicuro che qui non è mai stato visto, e ne facciano ricerca altrove.
Mi conducono al Cimitero. Vi sono ancora fresche le tombe dei fucilati il 12 Dicembre, vogliono sapere ove sepolto il Varesco. davanti a tanta cocciutaggine perdo la pazienza e ribatto che in sostanza io non faccio il seppellitore, ma il Parroco, vadano al Comune ove troveranno l'elenco dei qui seppelliti. Mi lasciano in pace.
Vogliono ancora sapere se nella notte vennero gettati paracadutisti e armi. «Armi e viveri si perché non potevo negarlo, paracadutisti no». Fanno una perquisizione nelle case, ma trovano nulla, essendo le armi trasportate altrove dai partigiani aiutati dai parrocchiani, e nascoste. Fatte la solite ruberie di generi alimentari se ne vanno.
31 dicembre 1944.
Ritornano i tedeschi, mi chiedono di nuovo del loro Varesco. Rispondo quanto già detto il 17. Qui non esser stato, nessuno saperne nulla. Questa volta si portano anche i cani segugi. Vanno al Castello, ove qualche volta si balla, con intervento di partigiani. Non trovano nulla di compromettente, e se ne vanno dopo le solite perquisizioni e ruberie.
20 Febbraio 1945.
Vengono i repubblichini, guidati dal famigerato Novena Natale, quello dei 200 omicidi. Requisizioni nelle case; interrogatorio di alcuni uomini presi nell'uscita di Chiesa e racimolati qua e là, discorso di Novena sul piazzale, ma non lo voglio sentire. Nessun brutto risultato; predati animali da tiro, altro bestiame e generi alimentari.
21 Febbraio 1945.
Ritornano i repubblichini; qualche scaramuccia coi partigiani.
Prendono i due partigiani: «Lampo» (Spadagora Giovanni) e «Pizzo» (Muraca Carlo), uccisi poi il 26 Febbraio alla Crociera Barge-Cavour, e dai partigiani trasportati nel nostro Cimitero, ove riposano all'ombra della Croce.
Seppi poi che erano stati assistiti dal Can.co Raspino e Padre Monta dei serviti di Saluzzo. Caddero da forti invocando protezione per i loro cari, e dando l'abbraccio fraterno ai Sacerdoti che li assistettero. In questo giorno 21 Febbraio i repubblichini avendo preso con loro «Lampo» e «Pizzo» si fecero insegnare il luogo delle armi e le asportarono via con munizioni e viveri. Bruciate alcune case.
21 Marzo 1945.
Altro rastrellamento. Presi ostaggi e poi rilasciati. Bruciata una casa; preso un cavallo ai partigiani predati generi alimentari.
30 Marzo 1945.
Altro rastrellamento, requisizioni, in case, ma nessun risultato. Tralascio altri rastrellamenti di nessuna importanza. Abbiamo così un doloroso risultato: morti civili 15, morti partigiani 10; case bruciate o gravemente danneggiate n.197. Ma venne finalmente il 26 Aprile il giorno della liberazione: le nostre campane finalmente poterono suonare a festa.