La 105ª Brigata Garibaldi

Nella Val Pellice i gruppi di organizzazione dei “ribelli” presero il nome dalle borgate in cui trovarono rifugio all’inizio della loro resistenza.
Intorno alla fine del 1943 vi fu una sorta di suddivisione del territorio in due differenti aree: l’alta Val Pellice e la Val d’Angrogna alle bande di G.L. (Giustizia e Libertà), la Val Luserna ai Garibaldini.

c-105-infernotto-1944SquadraVenturelliValLusernI Garibaldini, ben organizzati in diversi distaccamenti ognuno dei quali aveva un suo comandante, presero contatto con i civili e collocarono la loro base principale alla Galinverga, in baite di pastori, dove si alternavano l’addestramento militare e la formazione politico civile.
I partigiani, infatti, non organizzarono soltanto azioni di guerriglia, ma anche attività rivolte ai civili.
Si formarono delle Giunte Comunali clandestine, che durante il periodo dell’occupazione gestivano il Comune; in alcune località sorsero anche Comitati Contadini, Gruppi di Difesa della Donna e di Assistenza ai Combattenti della Libertà.
Il gruppo della 105ª brigata Garibaldi “Carlo Pisacane” (dal nome del noto patriota risorgimentale), ex IV brigata d’Assalto Garibaldi, esercitò una forte influenza sui giovani che venivano da Luserna e da Lusernetta ed era stato in grado di costruire importanti rapporti con gli operai scioperanti della Mazzonis e di Pralafera.
Durante lo sciopero generale del 1° marzo 1944, anche i Garibaldini fecero sentire il loro appoggio attraverso azioni di guerriglia: treni fermati, prigionieri, viveri prelevati dagli ammassi e distribuiti alla popolazione.
Vi furono collaborazioni anche con le formazioni G.L.: ciò che univa le diverse formazioni era l’intento di riacquistare la libertà.

L’impossibilità di resistere ai nazi-fascisti che avevano sferrato un attacco alla base della Prabina (Montoso) costrinse i Garibaldini a ritirarsi nell’Alta Val Pellice.
Gruppo-Garibaldini-della-10Le basi si spostarono al Triboletto, alla Bordella, alla Galinverga (già precedentemente citata) e alla Mugniva, zone strategiche perché facilmente difendibili, poco abitate e ricche di nascondigli.

La base del Triboletto fu occupata in un primo tempo dalla formazione G.L. di Sante Pagano e in seguito da quella garibaldina di Vittorio Rostan. Durante la permanenza garibaldina era collegata a Torre Pellice tramite le staffette.
In questa base vi era anche un campo di concentramento per i prigionieri e un cimitero in cui seppellire quelli per i quali era stato dato l’ordine di fucilazione.

La base della Bordella era una Base-Comando che però in seguito, per sicurezza, fu spostata in una zona più elevata.

La base della Galinverga era costituita da tre baite costruite dai minatori della pietra al fondo di una conca della Val Luserna. Essa era raggiungibile tramite una mulattiera.

La base della Mugniva, infine, situata sopra la Galinverga, fungeva da luogo strategico nel quale venivano accolte le nuove reclute e venivano immagazzinate le provviste.

Sfilata-di-Garibaldini-luseVerso la fine del febbraio del 1944 la Val Pellice venne dichiarata “zona libera” e Pontevecchio ne costituì la “frontiera”. Per soddisfare la necessità di rifornimenti non solo dei partigiani, ma anche dei civili che, pur avendo poco di cui sfamarsi, cedevano ciò che avevano ai partigiani, era necessario scendere in pianura; oppure ci si serviva dei lanci fatti dagli alleati. Su questo punto sorsero però dei motivi di scontro; gli alleati infatti facevano dei lanci unicamente per le formazioni G.L. e non per i Garibaldini, perché erano comunisti; questi ultimi, quindi, erano costretti a rubare i lanci alle formazioni di G.L. Proprio perché i Garibaldini non venivano riforniti di armi dagli Americani, intorno ai primi di luglio del 1943 Renato Vanzetti, ufficiale di collegamento americano paracadutato tra le formazioni G.L., propose a Barbato, capo partigiano garibaldino, di affidare per una ventina di giorni al suo comando due distaccamenti del battaglione Arditi, offrendo in cambio di rifornire questi distaccamenti di armi automatiche. Così racconta Vincenzo Modica nel suo libro Dalla Sicilia al Piemonte offrendo un esempio di come dovessero organizzarsi i Garibaldini per supplire alla mancanza di armi. Il 21 marzo 1944 vi fu però un rastrellamento effettuato dalle truppe nazifasciste che riuscirono ad arrivare fino a Rorà, nonostante la resistenza dei partigiani e i duri scontri avvenuti a Pontevecchio e alla Galinverga. I Garibaldini furono così costretti a ritirarsi nella Valle Infernotto, dove si riorganizzarono. Nel luglio dello stesso anno i nazifascisti assediarono la valle impedendo l’ingresso dei rifornimenti sia per i partigiani sia per i civili. Si dovette trovare quindi un modo per poter arrivare in valle: fu così organizzata una gigantesca spola di someggiamenti tra Montoso e la Val Pellice e si riuscirono a portare i rifornimenti, così che i Tedeschi furono costretti a togliere l’assedio.

liberazione-105Il 17 maggio 1944 venne creata la I divisione d’assalto Garibaldi-Piemonte; le azioni si susseguirono e vennero stabiliti contatti con le formazioni G.L., fino ad arrivare alla formazione di un unico comando operativo. Nel maggio del 1944 fu proclamata l’unità tra i partigiani: Autonomi, Matteotti, G.L. e Garibaldini facevano tutti parte del Comando unificato dell’VIII Zona che sotto il comando di Pompeo Colajanni (Barbato) avrebbe partecipato alla liberazione di Torino del 26 aprile 1945. Il loro compito era quello di occupare l’edificio ubicato in corso Galileo Ferraris, ex Camera del Lavoro; questa era considerata un’azione di prestigio, perché l’edificio si trovava in centro ed era attorniato da caserme militari. L’impresa ebbe un esito positivo, raggiunto con una certa facilità. Si ebbero altri scontri in località diverse, perché si voleva impedire ai nazisti di entrare in Torino. Una delle zone di maggior tensione era quella degli Alti Comandi, al Mastio della Cittadella, dove c’era una maggiore possibilità che la colonna tedesca attaccasse; effettivamente ebbe luogo uno scontro che però non fu così sanguinoso e duro come ci si aspettava. Ormai Torino, anche con la collaborazione della 105a brigata, era stata liberata.

Qui di seguito si possono leggere brevissimi cenni biografici su alcuni dei protagonisti della lotta di liberazione.

di-nanniDi Nanni Riccardo

Fu vicecomandante della 105a brigata Garibaldi, ma prima di passare alle formazioni Garibaldine fece parte dei reparti partigiani G.L.. Al comando della sua brigata riportò numerosi successi, tanto da essere insignito della medaglia d’argento.

milan-faustoIsacco Nahoum

“[…] Quest’ultimo era un ex sottoufficiale di cavalleria e darà un valido contributo alla battaglia diventando uno dei più validi comandanti delle nostre formazioni. […]”. Così lo descrive Vincenzo Modica (“Petralia”)[1]. Isacco Nahoum fu comandante di uno dei distaccamenti del battaglione Arditi che operavano in pianura. Con il nome di Milan, si distinse durante la Resistenza, portando a termine importanti operazioni tra le quali l’attacco all’aeroporto di Murello, in seguito al quale i nemici persero quattordici apparecchi da combattimento. Per il suo valore è stato insignito della medaglia d’argento.

colaianni-1-maggioPompeo Colajanni

Avvocato siciliano originario di Enna prestò servizio nel distaccamento di Cavour, alle dipendenze della Scuola di cavalleria di Pinerolo, come tenente anziano. Contemporaneamente svolgeva un’opera clandestina di proselitismo nell’esercito in modo da allontanare l’Italia dall’alleanza nazifascista. Prima di arrivare alla Scuola di cavalleria di Pinerolo creò l’Amil (Associazione Militare Italia Libera) e riuscì a riunire un gruppo di giovani ufficiali che vi aderirono. Con questo gruppo di ufficiali organizzò i primi nuclei partigiani garibaldini nella località di Barge. “[…] Barbato era un uomo con degli ideali antifascisti chiari ed in modo particolare si batteva contro il nazismo per la liberazione dell’Italia, divulgando una educazione democratica di libertà e di giustizia sociale. Inoltre, era dotato di una vasta esperienza militare per cui fu il punto cardine di riferimento e di speranza su cui poggiarsi per iniziare insieme la lotta armata tendente ad ottenere la liberazione e la rinascita dell’Italia occupata.[…]”[2]. Nel maggio del 1944 sotto il suo comando fu proclamata l’unità dei partigiani (Autonomi, Matteotti, G.L. e Garibaldini), i quali da questo momento fecero parte del Comando unificato dell’VIII Zona.

Pinerolo, aprile 2006                                         Isabella Iennaco

Bibliografia

Seicento giorni nella resistenza, Torino, Consiglio Regionale del Piemonte, 1983;

Montoso 45 anni dopo – Il prezzo della libertà e della pace, a cura di Maria Airaudo, Bagnolo Piemonte, 1990;

Riforma, n° 47 del 16 dicembre 2005, pag. 6;

Vincenzo MODICA, Dalla Sicilia al Piemonte – Storia di un comandante partigiano, Milano, FrancoAngeli, 2002;

Fotografie Archivio Senestro


[1] Vincenzo MODICA, Dalla Sicilia al Piemonte – Storia di un comandante partigiano, Milano, FrancoAngeli, 2002, p. 64.

[2] Montoso 45 anni dopo – Il prezzo della libertà e della pace, a cura di Maria Airaudo, Bagnolo Piemonte, 1990, p.117.